Il genocidio come tema attuale e controverso
Di recente, Papa Francesco ha sollevato una questione di enorme delicatezza, proponendo di indagare se quanto accade a Gaza possa essere considerato un genocidio. Le sue parole, contenute nel libro La speranza non delude mai, hanno suscitato forti reazioni. Da una parte, l’Ambasciata israeliana presso la Santa Sede ha risposto con fermezza, ricordando che il massacro del 7 ottobre è stato il vero atto genocida. Dall’altra, la storica Anna Foa ha accolto positivamente l’intervento del Papa 1, evidenziando come il termine “genocidio” sia un tabù in Israele, anche tra i più critici verso il governo.
La questione del genocidio è al centro di un dibattito che coinvolge storici, sociologi e studiosi di scienze politiche. Come definire e riconoscere un genocidio? E quali sono le implicazioni morali e politiche di questa accusa?
Per rispondere a queste domande, è utile ricorrere al pensiero di Jacques Semelin, studioso di genocidi e massacri di massa, che ha fornito strumenti teorici per analizzare fenomeni di questo tipo senza semplificazioni ideologiche o morali.
Genocidio: un processo, non un evento improvviso
Semelin, nel suo libro Purficare e distruggere 2, sottolinea che il genocidio è un processo sociale graduale. Non è un’esplosione improvvisa di violenza, ma un fenomeno che si sviluppa in più fasi, spesso in risposta a crisi politiche, economiche o militari. Questa visione può aiutarci a comprendere la complessità di quanto avviene in contesti di conflitto, come quello israelo-palestinese.
La separazione tra “noi” e “loro”
Il genocidio inizia con la costruzione di un’alterità radicale. Attraverso propaganda e retoriche politiche, il gruppo bersaglio viene identificato come nemico, contaminante o pericoloso. Nel caso di Gaza, la retorica politica e mediatica contribuisce a rafforzare questa divisione, attribuendo responsabilità collettive e giustificando interventi militari come atti di autodifesa.
Deumanizzazione
Una delle fasi centrali del genocidio è la deumanizzazione del gruppo target. Questo processo trasforma le persone in categorie simboliche (terroristi, parassiti, nemici), rendendo accettabile la violenza contro di loro. Semelin ci invita a riflettere su come il linguaggio utilizzato dai leader politici e dai media possa favorire questa dinamica.
Escalation verso la distruzione fisica
La distruzione fisica di un gruppo, secondo Semelin, non è mai un atto spontaneo. Richiede pianificazione, organizzazione e complicità sociale. Anche nei contesti contemporanei, è necessario analizzare in che misura le istituzioni e la società civile contribuiscano a perpetuare o fermare la violenza.
- Anna Maria Brogi, Foa: Genocidio? Parola tabù in Israele. Bene che il Papa l’abbia pronunciata, avvenire.it, visitato il 18 novembre 2024, <https://www.avvenire.it/mondo/pagine/l-intervista-una-parola-tabu-che-non-risuona-in-is> ↩︎
- Jacques Sémelin, Purificare e distruggere. Usi politici dei massacri e dei genocidi, Einaudi, Torino, 2007 ↩︎