Dal Medio Oriente alla Teoria del Conflitto: Riflessioni su Instabilità, Violenza e Costruzione della Pace 1

Introduzione

La recente analisi di Giorgio Ferrari sul Medio Oriente, pubblicata su Avvenire1, offre uno spunto cruciale per comprendere le dinamiche complesse dei conflitti geopolitici. Ferrari riprende la “teoria del domino” per descrivere come l’instabilità in una regione possa propagarsi rapidamente, influenzando equilibri politici, economici e sociali. Questo concetto si intreccia profondamente con le riflessioni teoriche di Johan Galtung, uno dei più importanti studiosi dei conflitti e della pace. Attraverso la lente della sociologia dei conflitti, possiamo analizzare come la violenza diretta, strutturale e culturale sia intrecciata nel tessuto delle relazioni internazionali.

L’Instabilità del Medio Oriente e la Teoria del Domino

Nell’articolo, Giorgio Ferrari evidenzia come il Medio Oriente rappresenti oggi un “teatro di conflitti a catena”, dove l’interazione tra potenze regionali (Turchia, Israele, Iran, Arabia Saudita) e globali (Stati Uniti, Russia) alimenta instabilità permanente. La “teoria del domino”, originariamente formulata in contesto geopolitico durante la Guerra Fredda, viene qui ripresa per descrivere l’effetto a cascata che i conflitti locali possono avere sul sistema globale.

Aspetti chiave dell’analisi di Ferrari:

Interventi mirati:

La Turchia e Israele, con le loro azioni militari e politiche, cercano di ridisegnare gli equilibri geopolitici.

Violenza strutturale:

Le tensioni locali, come il controllo delle risorse e i conflitti etnici, si intrecciano con interessi globali, perpetuando disuguaglianze e tensioni.

Spazio per il cambiamento:

Le rivoluzioni e i movimenti popolari in quest’area sono spesso strumentalizzati o soffocati.

Johan Galtung e la Triangolazione della Violenza

La lettura proposta da Galtung delinea una struttura più profonda per comprendere questi fenomeni. La violenza non si limita alla dimensione “diretta”, visibile nelle guerre e nei bombardamenti, ma è sostenuta da forme più insidiose di violenza strutturale e culturale.

Applicazione della teoria di Galtung al Medio Oriente

Violenza Diretta:

Gli scontri armati, come quelli in Siria o tra Israele e Hamas, rappresentano la manifestazione visibile del conflitto.
L’intervento militare di attori come Turchia e Israele perpetua una spirale di distruzione e paura.

Violenza Strutturale:

Le disuguaglianze socio-economiche, come la mancanza di accesso a risorse vitali (acqua, terra, sicurezza), alimentano tensioni.
Gli interessi economici e strategici delle potenze globali contribuiscono a mantenere le strutture di oppressione.

Violenza Culturale:

La narrazione ideologica che giustifica le guerre, come la “lotta al terrorismo” o la “protezione della sovranità nazionale”, legittima le azioni violente.
Retoriche religiose o identitarie sono spesso strumentalizzate per perpetuare conflitti.

Segue

  1. https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/aleppo-cosa-sta-succedendo-davvero ↩︎

Trasformare il Conflitto – Dalla Pace Negativa alla Pace Positiva 2

Galtung1 ci invita a non accontentarci della “pace negativa” – ossia, l’assenza di conflitti armati – ma a lavorare verso una “pace positiva”, che affronti le cause profonde della violenza. Nel contesto mediorientale, ciò significa:

  • Superare la violenza strutturale:
    • Promuovere una distribuzione equa delle risorse, garantendo accesso a diritti fondamentali come istruzione, salute e sicurezza.
    • Sostenere processi di riconciliazione interetnica e interreligiosa.
  • Decostruire la violenza culturale:
    • Contrastare le narrazioni ideologiche che giustificano il conflitto.
    • Favorire il dialogo interculturale per ridurre le percezioni di incompatibilità tra le parti.
  • Favorire la trasformazione del conflitto:
    • L’approccio di Galtung suggerisce soluzioni “trascendenti” che vadano oltre le contraddizioni apparenti. Ad esempio, trovare soluzioni creative per il problema del territorio palestinese/israeliano attraverso governance condivise o istituzioni binazionali.

Diagnosi e Prognosi – Uno Sguardo Sociologico

Come indicato da Galtung, affrontare il conflitto richiede un’analisi rigorosa (diagnosi), una previsione delle possibili evoluzioni (prognosi) e l’elaborazione di soluzioni praticabili (terapia).

Diagnosi del Medio Oriente secondo Galtung:

  • Attitudini: La percezione di ostilità tra le parti rende difficile la fiducia reciproca.
  • Comportamenti: Le azioni violente prevalgono sui tentativi di dialogo.
  • Contraddizioni: Le cause profonde, come il controllo delle risorse, l’egemonia politica e il nazionalismo, non sono ancora affrontate.

Prognosi:

Se non si affrontano le cause strutturali e culturali, il conflitto continuerà a diffondersi, creando ulteriori effetti a cascata a livello regionale e globale.

Terapia:

  • Interventi multilaterali: Coinvolgimento di organizzazioni internazionali in processi di pace equi.
  • Educazione alla pace: Programmi educativi che promuovano la comprensione interculturale e la nonviolenza.
  • Soluzioni locali: Empowerment delle comunità locali per risolvere le proprie dispute.

Conclusioni

Il Medio Oriente rimane uno specchio delle sfide globali legate ai conflitti moderni: interconnessione, interessi economici e ideologie divisive. La combinazione dell’analisi geopolitica di Ferrari e dei concetti teorici di Galtung ci offre una visione stratificata e profonda. Affrontare questi conflitti richiede uno sforzo collettivo per smantellare le strutture che perpetuano la violenza e costruire nuove fondamenta per una pace sostenibile.

Precedente

  1. Johan Galtung, Affrontare il conflitto, trascendere e trasformare, ed. Plus (Pisa university press), Pisa, 2008. ↩︎