Il Presidente del Consiglio donna e il compagno
La relazione di potere tra i sessi in questo caso appare ribaltata a favore della donna Presidente del Consiglio. Inoltre dopo l’incarico per la formazione del governo, come a sottolineare questa posizione di oggettivo potere, Giorgia Meloni ha preteso con i giornalisti di essere chiamata ‘il’ Presidente del Consiglio, con l’articolo maschile. Ma in questo desiderio giusto di uscire dalle logiche usuali di maschile e femminile e dalla sottomissione che il potere maschile impone alle donne è successo un inghippo.
Il compagno Andrea Gianbruno, assunto per condurre una trasmissione televisiva di informazione, raggiunge gli onori della cronaca con alcune affermazioni che hanno scatenato notevoli polemiche. “Se non ti ubriachi il lupo lo eviti” per esempio, parlando di uno stupro. Sucessivamente alcuni fuori onda hanno reso la situazione ancora più imbarazzante, sottolineando, se ce ne fosse ancora bisogno, quanto il giornalista, ora sospeso dalla conduzione del programma e sotto inchiesta dall’ordine dei giornalisti, avesse ben incorporato parole, atteggiamenti e pensieri tipici del dominio maschile. La reazione pubblica del Presidente del Consiglio donna non si è fatta attendere e non poteva essere altrimenti: usando i social media ha reso noto la conclusione del rapporto con il compagno, sottolineando che era terminata da tempo.
«La mia relazione con Andrea Giambruno finisce qui. Le nostre strade si sono divise da tempo, ed è arrivato il momento di prenderne atto. » Giorgia Meloni.
Nelle parole del Presidente del Consiglio sembra esserci più rassegnazione, amarezza piuttosto che rancore. <<Ma anche consapevolezza che Giorgia non è solo “una donna, una mamma”, ma anche una premier alle prese con difficilissimi dossier.>> scrive la redazione dell’ANSA con la tipica inconsapevolezza di avvallare ancora una volta i ruoli e i simboli caratteristici della società maschilista.
Alcuni sottolineano che è stata una operazione comunicativa volta a tranquillizzare l’elettorato femminile. Questo è plausibile. Ciò che non emerge, come ovvio che sia in quanto profondamente radicato nella produzione sociale del dominio maschile, è che l’uso dell’articolo maschile prima di Presidente del Consiglio non fa altro che affermare che, per controbattere il dominio maschile bisogna usare le logiche, le parole, gli atteggiamenti caratteristici di tale dominio, alla fine semplicemente accettando e riproducendo le logiche di tale dominio considerato come inevitabile e naturale.
Purtroppo le logiche simboliche di tale dominio sono profondamente incarnate nel corpo e nella mente sia dei dominanti che dei dominati, ed emergono immediatamente. Dove un uomo non avrebbe avuto nessun bisogno di giustificare, ammorbidire, attenuare un giusto comportamento di disapprovazione e separazione, e per questo avrebbe potuto ricevere soprattutto solidarietà e comprensione da uomini e donne, una donna, seppur Presidente del Consiglio, se vuole evitare la riprovazione di buona parte del suo eletterato, deve dimostrare che conosce il suo ruolo sociale di donna e madre << Giorgia non è solo una donna e una mamma>>, anche rimanendo Presidente del Consiglio. Ruolo di donna e mamma che non può mai permettersi di dimenticare, nonostante l’articolo ‘il’.
Questo rapporto sociale. straordinariamente ordinario offre così una occasione privilegiata per cogliere la logica del dominio esercitato in nome di un principio simbolico conosciuto e riconosciuto dal dominante come dal dominato – una lingua (o una prnuncia), uno stile di vita (o un modo di pensare, di parlare e agire) e, più generalmente, una proprietà distintiva, emblema o stimmate, che raggiunge il massimo di efficienza simbolica in quella proprietà corporea prefettamente arbitraria e non predittiva che è il colore della pelle. 1
Così, la logica paradossale del dominio maschile e della sottomissione femminile, di cui si può dire, contemporaneamente e senza contraddizione, che è spontanea ed estorta, si capisce solo se si prende atto degli effetti durevoli che l’odine sociale esercita sulle donne (e gli uomini), cioè delle disposizioni spontaneamente adattate a quell’ordine che essa impone loro.2