Polizia irrompe  nelle librerie Educational Bookshop di Gerusalemme

Scrive Sarah Parenzo su Il Manifesto: “«Lo Stato di Israele contro Ahmad e Mahmoud Muna»: così si apre il protocollo dell’udienza tenutasi questo lunedì mattina presso il Tribunale di I grado di Gerusalemme. A difendere gli imputati dall’accusa di «turbamento dell’ordine pubblico» è l’avvocato Nasser Odeh, ma questa volta non si tratta del solito caso di palestinesi dall’identità anonima e per capirlo basta gettare un’occhiata fuori dall’aula. Nel corridoio siedono in fila rappresentanti diplomatici di Gran Bretagna, Belgio, Brasile, Francia, Svizzera, Irlanda, Svezia, Paesi Bassi e dell’Unione europea, mentre all’esterno ha luogo una manifestazione di solidarietà nella quale i dimostranti espongono cartelli con la scritta: «Non c’è santità in una città occupata». Mahmoud e Ahmad, rispettivamente zio e nipote, sono infatti a loro volta intellettuali, attivisti e imprenditori culturali, ma soprattutto gestori della celebre catena di librerie Educational bookshop, istituzione e tappa obbligata per ogni diplomatico, giornalista, attivista o ricercatore in visita a Gerusalemme est.” [1]

Michel Foucault è stato uno dei pensatori più influenti del XX secolo sul rapporto tra conoscenza e potere. Nei suoi studi, ha mostrato come il sapere non sia mai neutrale, ma sia sempre legato a sistemi di potere che lo producono e lo regolano. Il suo lavoro è fondamentale per comprendere fenomeni come la censura, il controllo dell’informazione e la costruzione della verità.

Foucault ci aiuta a vedere come il controllo della conoscenza non sia mai neutrale, ma sia sempre un’espressione del potere. Nel caso dell’Educational Bookshop, possiamo analizzare:

Il controllo del discorso (quali narrazioni sono permesse e quali no),

Il sapere come strumento di potere (chi decide cosa è “pericoloso”),

Le tecniche di disciplina e sorveglianza (autocensura e repressione),

La biopolitica e il controllo della cultura (regolazione dell’identità collettiva),

Le possibilità di resistenza (solidarietà e contro-narrazioni).


1. Archeologia del Sapere e il Ruolo dei Discorsi

Uno dei contributi fondamentali di Foucault è l’analisi dei discorsi come strutture che organizzano la conoscenza in un determinato periodo storico. Nel suo libro “L’archeologia del sapere”, Foucault mostra come la conoscenza non si sviluppi in modo lineare o progressivo, ma sia soggetta a trasformazioni determinate da regole culturali e politiche spesso invisibili.
Secondo Foucault, ogni epoca ha una propria episteme, cioè un insieme di regole che definiscono ciò che è considerato “vero” o “falso”. Queste regole non derivano solo da scoperte scientifiche o da dati oggettivi, ma sono il risultato di processi storici e sociali.

Educational Bookshop: l’accusa di diffondere “testi di istigazione al terrorismo” potrebbe essere vista come un tentativo di ridefinire i confini del discorso accettabile, stabilendo cosa può essere detto e cosa no all’interno di una specifica episteme.


2. Il Sapere come Strumento di Potere

Foucault rifiuta l’idea che il potere sia solo qualcosa che reprime e censura. Nel suo concetto di “potere-sapere”, dimostra che il potere non è solo negativo (cioè repressivo), ma anche produttivo: crea categorie, istituzioni, discipline e persino identità.
Ad esempio, nella società moderna, il sapere medico non solo descrive la malattia, ma costruisce anche la figura del “malato” come soggetto specifico. Allo stesso modo, il sapere giuridico crea la categoria del “criminale”.
Il potere è quindi diffuso ovunque e si esercita attraverso le istituzioni, le norme, il linguaggio e i discorsi.

Educational Bookshop: qui vediamo il potere operare nella costruzione del “pericolo” legato alla diffusione di determinati libri. La criminalizzazione della cultura palestinese attraverso la confisca dei testi potrebbe essere interpretata come una forma di biopolitica (vedi sotto), in cui lo Stato cerca di disciplinare e controllare la popolazione attraverso il sapere.


3. Sorveglianza e Disciplina

Nel libro “Sorvegliare e punire”, Foucault analizza l’evoluzione delle tecniche di controllo sociale, mostrando come nelle società moderne il potere non si eserciti più solo attraverso la violenza fisica, ma attraverso forme di sorveglianza e normalizzazione.
Un esempio centrale è quello del Panopticon, un modello di prigione ideato dal filosofo Jeremy Bentham, in cui i detenuti non possono vedere chi li sorveglia, ma sanno di poter essere osservati in ogni momento. Questo genera un’autodisciplina: le persone interiorizzano la sorveglianza e si comportano come se fossero sempre controllate.
Per Foucault, questo principio non riguarda solo le prigioni, ma tutte le istituzioni moderne: scuole, ospedali, fabbriche, uffici e, oggi, i media e le piattaforme digitali.

Educational Bookshop: il raid e la confisca dei libri servono non solo a eliminare determinati testi, ma anche a generare un effetto di autocensura: librai e intellettuali potrebbero evitare di trattare certi temi per paura di ritorsioni.


4. Biopolitica e il Controllo della Vita

Nel suo ultimo periodo, Foucault sviluppa il concetto di biopolitica, ovvero il modo in cui il potere moderno non si limita a governare i territori, ma disciplina direttamente la vita delle persone, regolando la salute, la riproduzione, la sessualità e persino l’accesso al sapere.
La biopolitica si manifesta attraverso leggi, istituzioni e pratiche che determinano chi ha il diritto di vivere e chi no (thanatopolitica). Ad esempio, le politiche migratorie, le pratiche di censura, il controllo delle informazioni e delle identità culturali sono tutte espressioni di biopolitica.

Educational Bookshop: il sequestro dei libri e l’arresto dei librai fanno parte di una strategia di biopolitica in cui lo Stato cerca di ridefinire non solo la narrazione storica, ma anche chi ha il diritto di raccontarla e diffonderla.


5. Resistenza e Contropoteri

Nonostante il potere sia pervasivo, Foucault non lo vede come assoluto e insormontabile. Dove c’è potere, ci sono sempre forme di resistenza. Le lotte per la libertà di espressione, le pratiche di contro-narrazione e la diffusione alternativa del sapere sono forme di resistenza al potere.
Per Foucault, non esiste un’unica “verità” da difendere, ma un campo di battaglia tra discorsi e interpretazioni. L’obiettivo non è trovare una verità assoluta, ma smascherare i meccanismi attraverso cui certe conoscenze vengono imposte come universali.

Educational Bookshop: la solidarietà internazionale, le proteste e l’acquisto di libri in risposta al raid sono forme di resistenza che rimettono in discussione il controllo del sapere imposto dallo Stato.


[1] Sarah Parenzo: <https://ilmanifesto.it/irruzione-alleducational-bookshop-libri-confiscati-e-proprietari-in-manette>

Rischi politici e sociali nella società globale: il caso dei conflitti in Ucraina e in Medio Oriente

“Nella società del rischio, diventiamo consapevoli del fatto che la sicurezza assoluta è un’illusione, e che il tentativo di creare una sicurezza totale può generare nuovi pericoli. In un mondo globalizzato, i rischi non conoscono confini.” Ulrich Beck

Nel contesto della società del rischio descritta da Ulrich Beck1, i rischi politici e sociali giocano un ruolo cruciale nella gestione delle crisi globali. Le guerre e i conflitti, in particolare, rappresentano una forma di rischio amplificato dalla globalizzazione, dove le decisioni di una singola nazione possono avere ripercussioni su scala planetaria. Gli attuali conflitti tra Russia e Ucraina e tra Israele e Hamas sono esempi emblematici di come il rischio politico e sociale non solo colpisca direttamente le popolazioni locali, ma abbia anche implicazioni globali.

Crisi di fiducia nelle istituzioni e gestione dei conflitti

Secondo Beck, una delle caratteristiche della società del rischio è la crisi di fiducia nelle istituzioni politiche, spesso incapaci di prevenire o risolvere conflitti complessi e transnazionali. Questo fenomeno è evidente nel contesto della guerra in Ucraina e nel conflitto israelo-palestinese.

  • Nel caso della guerra tra Russia e Ucraina, l’invasione russa del 2022 ha scatenato una crisi internazionale di ampia portata. Le istituzioni internazionali, come l’ONU, l’UE e la NATO, si sono dimostrate limitate nel prevenire il conflitto e nel gestirne le conseguenze. La stessa Russia ha sfidato le norme internazionali, mettendo in discussione il ruolo degli organismi multilaterali nella risoluzione dei conflitti.
  • Allo stesso modo, nel conflitto tra Israele e Hamas, assistiamo a una situazione in cui le istituzioni internazionali faticano a promuovere una risoluzione duratura. La sfiducia diffusa sia a livello regionale che internazionale ha complicato gli sforzi diplomatici, mentre le tensioni aumentano non solo tra i protagonisti diretti, ma anche tra le potenze internazionali coinvolte.

Rischio come strumento di potere

Beck analizza anche come i rischi vengano spesso strumentalizzati politicamente. Nel contesto dei conflitti in Ucraina e Medio Oriente, i governi e le parti in causa utilizzano la percezione del rischio come leva per mantenere o estendere il proprio potere.

  • La Russia ha giustificato la sua invasione come una forma di “protezione” contro l’espansione della NATO, dipingendo l’Occidente come una minaccia esistenziale. In questo caso, il rischio politico e militare è stato utilizzato per giustificare un’azione bellica e consolidare il potere interno.
  • Nel conflitto tra Israele e Hamas, il rischio del terrorismo e della violenza viene sfruttato sia da Hamas che dal governo israeliano. Hamas presenta le sue azioni come una resistenza all’occupazione, mentre Israele giustifica le operazioni militari in risposta agli attacchi come necessarie per la sicurezza nazionale. Entrambe le parti utilizzano il rischio percepito per legittimare il loro potere e le loro azioni militari, a scapito di una soluzione pacifica.

Disuguaglianza nell’esposizione ai rischi

Un tema chiave di Beck è la distribuzione diseguale dei rischi all’interno delle società. Nei conflitti in corso, questa disuguaglianza è evidente sia a livello nazionale che internazionale.

  • In Ucraina, la popolazione civile è stata colpita in modo sproporzionato dagli effetti devastanti della guerra, dalle perdite di vite umane alla distruzione delle infrastrutture. Molte aree urbane sono diventate teatri di battaglia, lasciando le persone comuni a pagare il prezzo più alto. Mentre l’élite politica e militare è in gran parte protetta, le persone comuni affrontano il rischio quotidiano della violenza e della perdita delle loro case.
  • Allo stesso modo, nel conflitto tra Israele e Hamas, i civili di entrambe le parti, sia israeliani che palestinesi, subiscono le conseguenze più gravi. I palestinesi, in particolare, vivono in condizioni di vulnerabilità estrema, esposti non solo agli attacchi diretti, ma anche alle conseguenze dell’assedio di Gaza, come la mancanza di accesso ai beni di prima necessità e alle cure mediche. Una commissione di inchiesta delle Nazioni Unite ha accusato lo stato ebraico di sterminio.

Questa disuguaglianza nella gestione dei rischi non si limita ai confini nazionali, ma si riflette anche nel ruolo delle potenze internazionali. Ad esempio, mentre le nazioni occidentali forniscono supporto militare e diplomatico all’Ucraina e Israele, altre nazioni del mondo, in particolare nei paesi in via di sviluppo, subiscono gli effetti indiretti della guerra, come l’aumento dei prezzi dell’energia e dei generi alimentari.

Politica del rischio e decisioni collettive

Nel contesto della società del rischio, le decisioni politiche riguardano non solo la distribuzione delle risorse, ma anche la distribuzione dei rischi. I governi devono prendere decisioni difficili su come affrontare i rischi transnazionali, come nel caso dei conflitti in corso.

  • Nel conflitto russo-ucraino, i paesi europei e la NATO hanno dovuto bilanciare il rischio di un confronto diretto con la Russia con la necessità di sostenere l’Ucraina. Questo ha portato a una politica di contenimento e di sostegno militare indiretto, per evitare il rischio di un’escalation nucleare o di un conflitto diretto tra Russia e Occidente.
  • Nella gestione del conflitto tra Israele e Hamas, le potenze regionali e internazionali devono fare i conti con i rischi associati a un’escalation del conflitto. Ogni intervento rischia di destabilizzare ulteriormente la regione e di alimentare nuove ondate di violenza. Le decisioni politiche in questo contesto sono spesso intrappolate in una logica di gestione dell’emergenza, piuttosto che in una prospettiva di lungo termine per la pace.

Nuove forme di governance e cooperazione internazionale

Beck propone che la gestione dei rischi globali richieda nuove forme di governance e una maggiore cooperazione internazionale. Questo è particolarmente rilevante nei conflitti attuali, dove le risposte nazionali sembrano insufficienti.

  • Nel caso della guerra in Ucraina, la risposta delle istituzioni internazionali, come l’ONU, è stata ampiamente criticata per la sua inefficacia. Tuttavia, l’esistenza di sanzioni economiche e misure diplomatiche dimostra la necessità di una governance globale più efficace per affrontare i conflitti armati.
  • Nel conflitto israelo-palestinese, la mancanza di una soluzione politica duratura richiede un approccio globale che coinvolga non solo le parti in conflitto, ma anche le principali potenze internazionali e regionali. Beck suggerisce che solo una governance multilaterale può affrontare i rischi a lungo termine, prevenendo ulteriori escalation di violenza.

Conclusione

I conflitti tra Russia e Ucraina e tra Israele e Hamas sono esempi emblematici di come i rischi politici e sociali nella società globale si intreccino, con conseguenze devastanti non solo per le popolazioni locali, ma anche per la stabilità internazionale. La gestione dei rischi globali richiede una cooperazione internazionale rafforzata e una nuova concezione della governance, in grado di affrontare le sfide transnazionali in modo più efficace e inclusivo. Le attuali istituzioni, pur svolgendo un ruolo importante, devono essere ripensate per adattarsi a un mondo in cui il rischio è globale e la sicurezza non può più essere garantita solo a livello nazionale.


  1. Ulrich Beck, La società del rischio, Carricci Editore, 2013 ↩︎